giovedì 8 febbraio 2018

Azeglio Vicini e le notti magiche di Italia 90


Chi lo ha conosciuto lo ricorda non solo come un ottimo allenatore, ma soprattutto come una grande persona. Ci ha lasciati a quasi 85 anni Azeglio Vicini, il ct delle notti magiche della nostra nazionale. E pazienza se non arrivò quel trionfo che sembrava essere davvero alla portata degli azzurri. Vicini riuscì a centrare un obiettivo ben più difficile, riuscire a coinvolgere l'intera popolazione nelle vicende della nazionale. Ricordate quei tricolori che sventolavano su ogni balcone? Facile creare entusiasmo, qualcuno potrebbe obiettare, visto in quel 1990 i mondiali si giocavano proprio in Italia. 


Ma chi conosce bene il calcio non sempre risultati e attaccamento alla maglia vanno di pari passo. Azeglio Vicini ha iniziato il suo percorso da calciatore agli inizi degli anni Cinquanta, pur non raggiungendo vette altissime. Ha esordito nel Vicenza, poi per anni è stato una colonna portante della Sampdoria, prima di chiudere la sua carriera a Brescia, la città dove ha poi deciso di vivere fino all'ultimo dei suoi giorni. Proprio con le "rondinelle" ha debuttato in panchina poco dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, prima del passo fondamentale della sua vita calcistica, vale a dire l'ingresso nel settore tecnico della Figc. Una vera scuola dove apprendere dalla A alla Z l'arte di guidare un gruppo di atleti. 

Inizia nel 1975 la sua avventura con l'Under 23, prima di una serie di promozioni che lo porteranno nel 1986 sulla panchina dell'Italia, della nazionale maggiore. I mondiali di quell'anno si erano chiusi con una grande delusione per i colori azzurri. Il gruppo che si era laureato quattro anni prima campione del mondo questa volta non riuscì a farci gioire. L'eliminazione agli ottavi di finale contro la Francia costò la panchina a Bearzot. Quasi come un semplice passaggio di testimone, il ruolo di ct fu affidato proprio ad Azeglio Vicini. Del resto con l'Under 21 aveva ottenuto lusinghieri risultati e stava "coltivando" un gruppo di giocatori poi destinato ad essere anche la colonna vertebrale della nazionale negli anni successivi. Qualche nome? Zenga, Ferri, Maldini, De Napoli, Donadoni, Giannini e Vialli, tanto per citarne qualcuno. L'esordio, siamo ad ottobre del 1986, avviene a Bologna contro la Grecia e l'Italia si impone per 2-0 sugli ellenici grazie alla doppietta di Bergomi. Non proprio un bomber di razza. Da lì in poi una serie di risultati convincenti e gli Europei del 1988 disputati da protagonisti. Sulla strada degli azzurri però in semifinale c'è la corazzata Urss e c'è ben poco da fare. Sconfitta per 2-0 ma sguardo già rivolto al prossimo grande appuntamento, i mondiali del 1990, quelli che si giocano in Italia.

Vicini trova la sintesi giusta tra esperienza, talento e spregiudicatezza. I suoi 22 convocati sono Zenga, Baresi, Bergomi, De Agostini, Ferrara, Ferri, Maldini, Vierchowod, Ancelotti, Berti, De Napoli, Tacconi, Giannini, Marocchi, Baggio, Carnevale, Donadoni, Mancini, Schillaci, Serena, Vialli e Pagliuca. Il 9 giugno l'Italia debutta all'Olimpico contro l'Austria e soffre parecchio. Manca un quarto d'ora alla fine e Vicini ha l'intuizione giusta. Manda in campo Schillaci al posto di Carnevale. Totò ci mette tre minuti a far gol e a diventare un intoccabile nell'undici titolare del commissario tecnico. Vinta la seconda gara del girone contro gli Usa con il gol di Giannini, nel terzo e ultimo match la qualificazione agli ottavi viene sigillata dal 2-0 contro la Cecoslovacchia. A segno ancora Schillaci e un altro giovane al quale Vicini dà fiducia: Roberto Baggio. Saranno loro due i grandi protagonisti del nostro cammino in quel mondiale. Agli ottavi l'Italia fa fuori l'Uruguay per 2-0, poi ai quarti elimina pure l'Irlanda di misura. Il capolavoro di Vicini stava per concretizzarsi, il ct era riuscito a trovare il giusto equilibrio in campo. Tant'è che dopo ben cinque partite la nostra nazionale non aveva subito nemmeno un gol. Vicini, molto attento alla fase difensiva, non era però un allenatore che faceva chiudere a riccio le sue squadre. 

Tutt'altro, era un amante del bel gioco. E' il 9 luglio del 1990 quando l'Italia scende in campo al San Paolo di Napoli per affrontare l'Argentina di Maradona. Sì, proprio l'idolo dei partenopei. La nazionale va avanti con Schillaci, ma viene ripresa da un gol di testa di Caniggia, che anticipa Zenga in uscita. L'Italia incassa il suo primo gol e gli costerà caro. I tempi regolamentari si chiudono sull'1-1 e poi i rigori ci saranno fatali. L'Italia sbaglia con Donadoni e Serena, l'Argentina invece no e va in finale. Fine dei sogni. Ma l'Italia intera una volta tanto non si deprime, fa festa insieme alla sua nazionale che centra l'obiettivo del terzo posto superando l'Inghilterra per 2-1. Quel capolavoro sportivo mancato d'un soffio si trasforma comunque in una esperienza indimenticabile per chi ha vissuto quell'estate del 1990. Vicini continua nel suo progetto, rinnova la nazionale, ma manca la qualificazione a Euro 1992 e viene sostituito da Arrigo Sacchi. Il suo percorso da allenatore lo porterà un paio di anni dopo sulle panchine di Cesena e Udinese, per brevi esperienze, forse con poca convinzione e con la consapevolezza di essere arrivato a sfiorare il cielo con un dito, senza però essere riuscito a toccarlo.

Nessuno si è però mai permesso di imputargli alcuna colpa per quella finale mancata, per quel possibile trionfo svanito dagli undici metri. E anche oggi che lo ricordiamo dopo la sua morte, il primo pensiero non è andato a quella sconfitta con l'Argentina, ma alla sua pacatezza, al suo modo di essere, al suo straordinario lavoro sul campo, ai momenti emozionanti che ci ha regalato. Ed è forse questa la sua più grande vittoria.